di EDOARDO MONTOLLI*
L’anniversario della strage di via D’Amelio si avvicina. I tre processi per la morte di Paolo Borsellino e della sua scorta sono stati smontati dalle dichiarazioni di Gaspare Spatuzza, boss di Brancaccio, autoaccusatosi quasi vent’anni dopo del furto della 126 che esplose il 19 luglio 1992. Prima di lui il muro portante dell’indagine era stato costituito dalla confessione di tale Vincenzo Scarantino, mezza tacca del crimine, che, uno a uno, aveva chiamato in causa tutti i boss. Ma rivelatosi infine un falso pentito. Ora che, per effetto delle dichiarazioni di Spatuzza, sette persone accusate da Scarantino - che con la strage non c’entravano nulla - sono state scagionate dopo anni di prigione, si va verso la conclusione delle nuove indagini. Scarantino ha depistato, si dice. Non si sa perché. L’unica cosa che trapela dalle agenzie è che per il famigerato depistaggio, per i poliziotti del gruppo Falcone-Borsellino che gestirono la sua collaborazione
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