“Proporre che si vada in pensione prima ma decurtando l’assegno significa non sapere di che redditi si dispone in Italia e quali pensioni si preparano per il futuro”. In merito all’ipotesi di rendere flessibile l’età pensionabile a fronte di una riduzione dell’assegno mensile nel caso di uscita anticipata, Susanna Camusso, segretario della Cgil, ha espresso contrarietà. A suo parere va ridotta l’età pensionabile (di fatto “smontando” l’intervento dell’allora ministro Fornero) senza ridurre l’assegno pensionistico.
Il problema è che la spesa per pensioni in Italia è già superiore al 16 per cento del Pil, e solo nel lungo periodo l’incidenza dovrebbe scendere (le riforme vanno a regime solitamente in tempi lunghi, in modo che coloro che veramente pagano il conto di queste lunghe transizioni se ne accorgano solo dopo parecchi anni, nel frattempo essendo mantenuti nella più totale ignoranza sulla sorte che li attende).
Secondo Camusso la riduzione dell’età pensionabile favorirebbe l’aumento dell’occupazione dei giovani. Anche ammesso che inizialmente fosse così, dovrebbe essere evidente che si finirebbe per imporre a quei giovani che trovano lavoro di pagare contributi crescenti per sostenere il sistema pensionistico, senza peraltro poter contare su una pensione (pubblica) in futuro, perché ogni peggioramento del sistema attuale non può far altro che condurre verso la bancarotta. Se non fosse così, tanto varrebbe mandare le persone in pensione a 50 anni: cosa che in Italia è stata anche fatta per un certo periodo di tempo, e per la quale oggi e in futuro qualcuno paga e pagherà il conto. Ovviamente non i beneficiari di quei provvedimenti, né coloro che sciaguratamente legiferarono in tal senso.
Ma niente paura, le risorse si possono trovare. Per Camusso si può sempre contare sulla fiscalità generale: “E allora faccio una domanda brutale: dobbiamo per forza togliere la tassa sulla casa? E poi, non possiamo ridefinire una progressività fiscale e fare una vera lotta all’evasione incentivando, ad esempio, la moneta elettronica”? Alla fine si arriva sempre alla rapina redistributiva, ovviamente appellandosi al sacro articolo 53 della Costituzione. Come se il sistema fiscale non fosse già abbondantemente progressivo.
Chissà perché questa volta nel menù non c’è anche la patrimoniale. Suppongo si tratti di una svista agostana, per la quale si è reso necessario il “soccorso” del comunista Paolo Ferrero, che, dicendosi d’accordo con Camusso, ha sentenziato: “Le risorse per finanziare questa operazione ci sono: basta fare una tassa patrimoniale sulle grandi ricchezze, aumentare le tasse ai ricchi e ridurre i coefficienti di rendimento per le pensioni d’oro, in modo da abolire legalmente lo scandalo delle pensioni da nababbi.”
Affermazione nella quale la cosa meno penosa è l’uso dell’italiano (“basta fare una tassa”). Non aggiungo altro.
Insomma questi signori come soluzione trovano sempre l’ introduzione di una nuova tassa. Il solito ritornello dei cialtroni italici assieme alla “lotta all’ evasione fiscale” o alla “moneta elettronica”. Io sono contrario all’ introduzione di qualsiasi tassa sia che vada a colpire il ricco sia l’ operaio.
Delinquenza parassitaria pura e semplice.