“Il Rapporto Svimez 2015 conferma le condizioni drammatiche, sempre più gravi, del nostro Mezzogiorno: questione nazionale completamente scomparsa dall’agenda del governo. In tale quadro, è evidente quanto sia sbagliata la politica economica attuata e promessa dall’esecutivo: eliminare la Tasi per tutti, ridurre a pioggia l’imposizione sui profitti delle imprese e coprire con tagli alla Sanità e ai Comuni vuol dire determinare effetti recessivi e spostare risorse dal Sud al Nord del Paese. Si aggravano le prospettive dell’Italia intera e il Mezzogiorno va ancora più a fondo. Il governo si fermi. Basta manovre elettorali. E’ irresponsabile”. Stefano Fassina, di recente uscito dal PD e da sempre oppositore di Renzi, approfitta dell’ennesimo rapporto Svimez in cui si evidenziano i problemi del Mezzogiorno per scrivere una nota polemica nei confronti delle riduzioni di tasse recentemente promessi da Renzi, bollandole come “manovre elettorali” e dando al suo avversario dell’“irresponsabile”.
Suppongo che Fassina ipotizzi che tutti quanti credano che chi invoca (altri) interventi a favore del Mezzogiorno non lo faccia contando sui voti dei beneficiari di quei provvedimenti redistributivi e assistenziali. In altre parole, i fini elettoralistici riguardano sempre le dichiarazioni altrui, mai le proprie.
Non voglio certo negare che le promesse di Renzi siano poco credibili, ma non è tanto di questo che vorrei occuparmi. Ciò che trovo interessante è il passaggio in cui Fassina sostiene che “eliminare la Tasi per tutti, ridurre a pioggia l’imposizione sui profitti delle imprese e coprire con tagli alla Sanità e ai Comuni vuol dire determinare effetti recessivi e spostare risorse dal Sud al Nord del Paese”.
Quando viene ridotta l’imposizione fiscale, l’effetto principale è che il legittimo proprietario viene privato di una quantità inferiore di denaro da parte dell’ente impositore (sia esso lo Stato o un ente locale). Questo non comporta, quindi, un trasferimento di risorse dall’ente impositore al cosiddetto contribuente, bensì un minore trasferimento da parte di quest’ultimo al primo. Si tratta, in definitiva, di ridurre l’entità della violazione del principio di non aggressione (della proprietà del soggetto tassato).
Venendo alla redistribuzione territoriale delle risorse derivanti dalla tassazione, che a livello macro vede storicamente i flussi passare da Nord a Sud via Roma (dove pure viene assorbita una parte non marginale del bottino), una riduzione della tassazione non significherebbe “spostare risorse dal Sud al Nord del Paese”, bensì lasciare le risorse in questione ai legittimi proprietari (che storicamente sono in prevalenza al Nord).
Adottare il punto di vista di Fassina implica considerare quelle stesse risorse di proprietà genericamente del Mezzogiorno, ancorché prodotte da chi paga le tasse al Nord. Il che, a sua volta, comporta considerare chi produce quelle risorse (almeno) in parte schiavo di chi le consuma. Ovviamente i pagatori netti di tasse sono (almeno) in parte schiavi dei consumatori netti di tasse a prescindere da considerazioni di carattere territoriale, anche se Fassina stesso ammette che, a livello macro territoriale, il flusso del gettito fiscale è sostanzialmente unidirezionale.
Conosco già le obiezioni che tirano in ballo gli obblighi di solidarietà previsti dalla Costituzione, ma a tale proposito condivido in pieno questo aforisma che mi è capitato di leggere di recente e del quale mi sfugge l’autore: “Le tasse stanno alla solidarietà come lo stupro sta all’amore”.
Fassina va lasciato all’oblio che si merita.
Non conta un tubo.
Rappresenta solo sé stesso, un mister nessuno.