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I tagli delle tasse in deficit avrebbero vita corta

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taglio tassedi MATTEO CORSINI

“La lotta alla deflazione non la fai solo con le meravigliose misure della Bce, sempre sia ringraziata. Si fa anche con la politica attiva: abbassamento della pressione fiscale che non può che passare da una migliore flessibilità che deriva dai margini europei, e investimenti nelle infrastrutture. In una situazione di deflazione impressionante per abbassare le tasse in un momento in cui stai facendo una spending review che ha toccato i 25 miliardi devi dare quegli elementi di flessibilità che portano a fare un’operazione sulla pressione fiscale eventualmente anche in deficit ma senza superare il limite visto che nel 2016 siamo il paese con il deficit più basso”. Queste cose ha affermato Matteo Renzi alla Camera. Ben vengano, ci mancherebbe altro, le riduzioni delle tasse; il problema è che se deve trattarsi di riduzioni come quelle che, a suo dire, sono già state fatte negli ultimi due anni, il rischio concreto è che i cosiddetti contribuenti non se ne accorgano.

Per di più, è abbastanza preoccupante sentire parlare di promesse di riduzione delle tasse finanziate dalla “flessibilità”, ossia da un aumento del deficit pubblico. Soprattutto perché la spending review da 25 miliardi è un altro argomento da prendere con le molle: la spesa non è diminuita, per lo più ne è cambiata la composizione. E la principale voce di spesa ad aver subito un decremento effettivo è quella per interessi sul debito pubblico, che, ahimè, non è direttamente determinabile dal Governo. Capisco che Renzi ringrazi la Bce per aver reso possibile tale abbassamento tramite creazione di base monetaria, ma è quanto mai rischioso considerare strutturale un calo che, per definizione, non può esserlo.

Temo anche che nessuna riduzione di tasse, anche se fosse reale (ossia se tutti pagassero meno tasse, e non situazioni in cui solo qualcuno paga meno, oppure cala una tassa e ne aumenta un’altra), potrebbe realisticamente essere fatta in deficit. Si tratterebbe di una riduzione solo temporanea, e nel giro di pochi anni il conto da pagare sarebbe salato.

La riduzione di tasse può essere fatta per davvero solo se la spesa pubblica viene ridotta realmente e se a ciò si accompagnano dismissioni di beni di proprietà pubblica. L’unica alternativa sarebbe quella di andare verso un default: un’ipotesi che avrebbe senso solo se si volesse smantellare lo Stato, cosa che non mi sembra abbia intenzione di fare né Renzi, né chi, da una parte e dall’altra, vorrebbe prendere il suo posto a palazzo Chigi. Capisco che Renzi cerchi di riprendere consenso promettendo tagli di tasse, a maggior ragione a ridosso di elezioni amministrative nelle principali città. Capisco meno chi non si rende conto che un taglio di tasse finanziato in deficit invece che da riduzioni strutturali di spesa avrebbe vita corta.  Pare che siano ancora in tanti, ahimè.

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1 COMMENT

  1. Renzi è ai pii desideri.
    La coperta è corta.
    Cortissima se poi il governo viene a cantare vittoria per una apparente e miseabile riduzione di spesa tramite spending review da 25 miliardi, laddove un taglio decente dovrebbe essere di 100 miliardi all’anno per 5 anni.
    O anche, mi accontento, 50 miliardi anni per 10 anni.
    Accompagnata da privatizzazione diffusa , vendita di cespiti , aziende e azioni pubbliche, demanio, tutto il vendibile al settore privato mondiale che vuole investir.
    Accompagnata da riforma fiscale totale, con aliquote bassissime e sistema semplificato all’osso.
    Mi sa che anche io sono ai pii desideri.

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