Non ci meravigliamo affatto che i rincari di tariffe pubbliche in Italia siano tra i più elevati d’Europa. Lo dice la solita Cgia di Mestre, spiegando che nell’ultimo anno c’è stato un boom dei rifiuti: con l’introduzione della Tari abbiamo pagato il 12,2% in più. “A causa della crisi economica – prosegue – negli ultimi 7 anni c’è stata una vera e propria caduta verticale dei consumi delle famiglie e delle imprese: conseguentemente è diminuita anche la quantità di rifiuti prodotta. Pertanto, con meno spazzatura da raccogliere e da smaltire, le tariffe dovevano scendere, invece, sono inspiegabilmente aumentate. Si pensi che nell’ultimo anno, a seguito del passaggio dalla Tares alla Tari, gli italiani hanno pagato addirittura il 12,2 per cento in più, contro una inflazione che è aumentata solo dello 0,3 per cento”.
Luce, gas e trasporti sono le voci di spesa che gravano maggiormente sui bilanci delle famiglie e delle piccole imprese italiane.
Rincari di tariffe pubbliche – Tra il 2010 e il 2014 solo in Spagna le tariffe pubbliche sono rincarate più delle nostre. Se a Madrid l’aumento medio è stato del 23,7%, prosegue la Cgia, in Italia, come del resto è successo in Irlanda, l’incremento è stato del 19,1%. Tra i grandi paesi d’Europa, invece, la Francia ha registrato un rincaro medio del 12,9%, mentre la Germania ha segnato un ritocco all’insù dei prezzi solo del 4,2%. L’area dell’euro ha subito un incremento dei prezzi amministrati dell’11,8%: oltre 7 punti percentuali in meno che da noi. Inoltre, da questi dati emerge che i processi di liberalizzazione avvenuti in questi ultimi decenni sono stati solo uno specchietto per le allodole (finte liberalizzazioni) “ed abbiano interessato gran parte di questi settori, i risultati ottenuti – evidenzia Bortolussi – sono stati poco soddisfacenti. In linea di massima, oggi siamo chiamati a pagare di più, ma la qualità dei servizi resi non ha subito sensibili miglioramenti”.
Infine, contro ogni logica aumenta la povertà, piu’ lo stato diventa avido. In base a un sondaggio nel rapporto annuale sulla povertà in Italia fatto dal Censis, emerge che il 60% degli italiani teme di finire in povertà, e non ha vergogna a dirlo. L’incertezza sul futuro, fa si che la gente non sa pià come investire o gestire i soldi. Infatti, la massa finanziaria liquida di contanti e depositi bancari delle famiglie italiane, ormai restie a investire è cresciuta fino a 1.219 miliardi di euro (giugno 21014): il 44,6% delle famiglie destina il proprio risparmio alla copertura da possibili imprevisti, come la perdita del lavoro o la malattia, il 36,1% lo finalizza alla voglia di sentirsi con le spalle coperte.