di GIANLUCA MARCHI
Vedete, cari amici indipendentisti (almeno per chi lo è, non amico, ma indipendentista) è persino banale dire che “oggi siamo tutti Doddore Meloni“. Lui, il più conosciuto e battagliero degli indipendentisti sardi, si è lasciato morire in carcere dopo 69 giorni di sciopero della fame e della sete. Ha voluto ripercorrere, fino all’estremo sacrificio, la strada indicata da Bobby Sands, eroe dell’indipendentismo nordirlandese che si lasciò morire in carcere in segno di protesta per il regime duro a cui venivano sottoposti i detenuti repubblicani.
Doddore Salvatore Meloni era stato messo in galera il 28 aprile scorso a seguito di una sommatoria di pene per reati fiscali (il nostro amico Leo Facco lo farebbe santo subito per quei reati finalizzati a fregare lo stato italico), e all’appuntamento si era presentato innalzando la bandiera dei Quattro Mori e portando sottobraccio la biografia di Bobby Sands. In un certo senso lui aveva già scelto il proprio destino. Sapeva che i reati fiscali per i quali era stato condannato erano più che altro un pretesto per fiaccare e mettere all’angolo un personaggio scomodo per le istituzioni italiche, soprattutto dopo che nel 2008 aveva proclamato la Repubblica indipendente di Malu Entu, non tanto per il gesto in se stesso, quando sul suo significato in prospettiva: il nucleo iniziale intorno al quale organizzare la battaglia verso l’indipendenza della Sardegna.
Si considerava dunque un prigioniero politico, la cui storia, ahimè, è conosciuta quasi esclusivamente nei nostri ambienti. Gli italiani non ne sanno quasi nulla, perché i grandi mezzi di comunicazione da cui si abbeverano se ne guardano bene dall’affrontare, con etica professionale, i temi dell’indipendentismo e dell’autonomismo. Proni alla volontà del potere, preferiscono il silenzio o semmai mettere in ridicolo certe idee e talune manifestazioni. In questo facilitati a volte dalla sprovvedutezza di taluni personaggi. Vedremo comunque in queste ore e nei prossimi giorni se e come parleranno della morte di Doddore.
Se ancora ci fosse bisogno di avere una prova provata che lo stato italiano “l’è tutto sbagliato e tutto da rifare”, anzi metaforicamente da far saltare per aria, essa viene da alcuni casi giudiziari di queste ultime settimane. Mentre Doddore Meloni veniva fatto marcire in carcere, e addirittura un giudice arrivava ad affermare che dietro le sbarre non correva alcun pericolo di vita (se fossi in lui andrei a nascondermi in qualche buco di culo del mondo), le istituzioni italiche e gli italiani si azzuffavano sul fatto se al capo assoluto della mafia, Totò Riina, dovesse essere riconosciuto il diritto di tornare a casa per essere avviato a una “morte dignitosa”. E Igor? E lo Zingaro? Mai trovati o fuggiti mentre stavano all’ergastolo! E che ci si poteva aspettare di diverso da uno Stato di cui la mafia è uno dei soci con le azioni che pesano.
Secondo caso. Doddore Meloni stava in carcere per alcuni reati fiscali e uno dei più grandi malversatori di questa fogna di paese, il signor Giovanni Zonin, per un ventennio presidente e dominus assoluto della Banca Popolare di Vicenza, uno che ha distrutto una banca e azzerato i risparmi di decine di migliaia di soci e clienti ma arricchito amici e amici degli amici, se ne va tranquillamente in giro da nullatenente ricchissimo. Nessuno gli toccherà nemmeno un bene, perché li ha trasferiti a tempo debito a moglie e figli, evidentemente perché ben sapeva che il suo operato da banchiere tutto era fuorché specchiato.
Non c’è nulla da fare, questo è un paese tutto alla rovescia, nato male e cresciuto peggio. Come diceva il nostro grande Gilberto Oneto, il vero problema delle nostre comunità territoriali è l’Italia. Doddore, con il suo estremo sacrificio, ci ha insegnato che quando si insegue un’idea precisa e solida per la propria terra e la propria comunità, sul percorso ci può essere anche l’esito fatale, soprattutto quando questo è l’estremo gesto di ribellione verso uno stato che quelle terre e quelle comunità le vessa e le depreda costantemente. E ricorre alla persecuzione giudiziaria per spaventare e infiacchire gli uomini più esposti sulle cui gambe camminano tali idee.
Caro Doddore, onore a te e che la tua terra ti sia lieve…
Forte. Capo uomo
Lo sciopero della fame portebbe essere
D’accordo al 100%. Non riesco a dire nulla di più, da quando ho appreso la notizia, ho perso le parole.
Un governo di sfruttatori come questo conosce sono un mezzo, per farlo recedere: la forza!
Concordo, ma la forza non esiste!
Un duro.
Ora che è morto lo stato ladro come fa a recuperare le multe che gli aveva fatto?
Lo sciopero della fame potrebbe essere un buon mezzo di protesta contro le ignominie e le condanne fiscali.
Ma chi ha il coraggio di Meloni?
E i separatisti sardi , ora che faranno?
Chiacchiere e distintivo?