di ENZO TRENTIN
Il vecchio giornalista disse al praticante: «Ti darò la prima lezione subito, ragazzo mio: niente è mai quello che sembra, e nessuno è mai chi dice di essere. Incìditelo nel cuore.» Data la loro importanza pratica decisiva, i capi politici e di partito che hanno ottenuto successi elettorali hanno sempre trovato il tempo per coltivare i simboli che organizzano il loro seguito. I simboli costituiscono per la base quello che i privilegi sono per la gerarchia. Mantengono l'unità. Dal palo totemico alla bandiera nazionale, dall'idolo ligneo a Iddio il Re Invisibile, dalla parola magica a qualche versione annacquata di Adamo Smith o di Bentham, i simboli sono stati tenuti cari dai capi - che spesso non ci credevano affatto - perché erano punti focali in cui scomparivano le differenze. L'osservatore distaccato può disprezzare il rituale «stellato» che circonda il simbolo, forse proprio come il re, che si diceva che Parigi valeva bene una messa. Ma il capo sa per
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