di MATTEO CORSINI
L’iniziativa per raggiungere una tassazione minima globale del 15% sui redditi delle imprese di grandi dimensioni ha ricevuto il parere favorevole di 130 Paesi su 139 tra quelli coinvolti nell’accordo in sede OCSE.
Contrari rimangono alcuni piccoli Paesi a tassazione leggera, tra cui Irlanda, Estonia e Ungheria e Cipro, per restare in Europa.
I dettagli non sono ancora definitivi, ma l’accordo teso a contrastare lo spostamento degli imponibili in Paesi a tassazione leggera dovrebbe riguardare le imprese con ricavi superiori a 20 miliardi per la parte di utili lordi superiore al 10% dei ricavi.
Janet Yellen, ministro del Tesoro statunitense e promotrice dell’accordo, ritiene che sia stata “una giornata storica per la diplomazia economica”. Come prevedibile, i commenti più entusiasti sono giunti dai Paesi europei a maggior tassazione, tra cui Francia e Italia.
Interessante notare come in Europa, dove pare esserci grande attenzione alla concorrenza nel settore privato, quanto meno a parole, si adotti poi un punto di vista diametralmente opposto quando si tratta di tassazione.
In questo caso, il tentativo di formare un cartello globale è visto come la formazione di un “un passo storico verso una tassazione più equa delle multinazionali”, secondo Paolo Gentiloni, commissario Ue per l’Economia. Un passo (storico?) verso l’inferno fiscale globale.