Il libro di Curzio Malaparte («Tecnica del colpo di Stato») uscì in Francia nel 1931, proibito in tutti quegli Stati dove «le libertà pubbliche e private erano soffocate, o soppresse». Violentemente attaccato da Lev Trockij, bruciato per volontà di Adolf Hitler «sulla pubblica piazza di Lipsia, per mano del boia, secondo il rito nazista», è responsabile delle «meschine persecuzioni» cui il suo autore fu a lungo sottoposto «per ordine personale di Benito Mussolini». Il volume è una spietata dissezione delle varie tipologie di golpe e delle loro costanti e rappresentò di fatto il primo, clamoroso successo internazionale di Curzio Malaparte. Ai nostri giorni i golpe, in Europa, non si fanno con il crepitare delle armi da fuoco, con le pistole nei palazzi, con i carri armati nelle piazze, in tempi più moderni si fanno con il crepitare degli spread. Si veda in Grecia. A quando gli italiani come gli ellenici?
Ciò che è tragico è che l’Italia ha perso quote crescenti della sua sovranità. E forse anche su questo si dovrebbe (almeno si potrebbe) cominciare a riflettere, alla ricerca delle origini del nostro “sovranismo” e di una diversa idea di Europa. Tuttavia il panorama politico della penisola non offre molte speranze. E qui lasciamo perdere i vari partiti o movimenti politici sorti a partire dal 1990 che si sono dimostrati veri distrattori di massa: volevano cambiare il potere, e invece la burocrazia e la partitocrazia li hanno assimilati. Ultimo: il M5S.
Che dire del Ministro degli esteri: Luigi Di Maio? Ha assunto otto fedelissimi tra i quali il portavoce, il consulente su sicurezza e difesa, il consulente ai social network, uno degli uomini chiave della comunicazione della Casaleggio, l’addetta stampa, il consigliere per “le informazioni diffuse attraverso i media”, e per ultimo un documentarista, per un totale di oltre 710mila euro. Insomma sembra che con sei esperti di comunicazione su otto, egli sia più interessato ai problemi d’immagine piuttosto che a quelli internazionali.
Tralasciando la Libia, e il vicino medioriente in fibrillazione, nel 2019, l’Italia ha impiegato 7.343 militari in quarantacinque missioni militari all’estero. Il continente dove vengono maggiormente impiegati (quasi 3.500 uomini) è l’Asia, in particolare nelle missioni in corso in Libano, Iraq e Afghanistan. Seguono l’Europa (2.500 uomini circa), dove i militari italiani sono impiegati soprattutto in missioni navali e nei Balcani, e infine l’Africa (1.500 uomini), specialmente in Somalia, Libia, Niger e Gibuti. Il continente africano è però quello dove sono attive più missioni italiane: 18, contro le 14 in Europa e le 13 in Asia.
L’Italia è uno Stato di cartapesta pagato da un popolo bue a prezzo esorbitante. A seconda della fonte a cui si attinge la notizia, il giorno della liberazione fiscale in Italia arriva, mediamente, tra luglio ed agosto. È una servitù fiscale, quella di cui soffriamo. La favola dei servizi che riceviamo in cambio di questo lavoro forzato dimentica di ricordare che essi sono costosi e di qualità molto discutibile. Basti pensare alle pensioni private erogate dall’Inps vigenti nel 2018: esse sono 17,88 milioni, di queste 12,8 milioni, ovvero il 70,8%, sono inferiori a 1.000 euro. Ciò nonostante le giovani generazioni dovranno per questo sopportare una fiscalità in continua ascesa per garantire il welfare attuale ed il pagamento delle rendite pensionistiche attuali. E il sistema produttivo, ovvero chi paga realmente le tasse? Negli ultimi 3 anni sono morte 3 milioni di Partite Iva. Il 25% degli autonomi vive sotto soglia di povertà. Il 71% sono persone fisiche, e negli ultimi 10 anni hanno chiuso più di 257 mila imprese attive: il 25,8% degli autonomi vive al di sotto della soglia di povertà calcolata dall’Istat. Quanto al commercio, il quotidiano “Il Gazzettino” titola: «La morte dei negozi di montagna, la lotta all’evasione fiscale lascia Podenzoi senza l’alimentari.»
L’istruzione? Tra i ragazzi del secondo anno delle scuole superiori la quota di coloro che non “raggiunge la sufficienza (low performer) nelle competenze è del 30,4% per l’italiano e del 37,8% per la matematica”. Lo rileva l’Istat nel Rapporto Bes, con riferimento all’anno scolastico 2018/2019. “Nelle regioni del Mezzogiorno la quota di studenti che non raggiungono un livello sufficiente sale – viene sottolineato – al 41,9% per le competenze in italiano e al 53,5% per quelle in matematica”. La sanità esibisce macchinari fantascientifici, ma le liste d’attesa rimangono estese e lunghissime. Sempre più pazienti (laddove possono) si rivolgono al privato a proprie spese. E queste constatazioni valgono per i soli settori principali coperti dai contribuenti; quanto al confrontarli con le alternative offerte in altri Stati, questo è tabù.
A onor del vero l’«uomo qualunque» non ha alcun strumento per modificare questo stato di cose. Lo si invita a votare per un cambiamento che puntualmente non ottiene pur affidandosi a soggetti politici diversi. Il problema va dunque inquadrato politicamente: finché non sarà chiaro a tutti che il vero nemico è lo Stato nel suo attuale apparato ordinativo, giuridico ed istituzionale.
L’imprenditore caseario Roberto Brazzale, in una nota del 30/12/2019 rileva: «Gli anni Dieci del XXI secolo, domani al termine, sono stati senz’altro per i veneti gli anni della dilapidazione di gran parte del patrimonio, frutto di secoli di sacrifici, costituito dalle banche territoriali, sia nel senso del capitale che della loro rete organizzativa ed avviamento. Accanto al disastro delle popolari vicentina, trevigiana, marosticense, va ricordato quello della padovana in seno a Monte dei Paschi (tuttavia, della Antonveneta salvammo il capitale grazie alla quotazione, non dimentichiamolo), delle ricapitalizzazioni della veronese, della rovina Cassamarca, e via via di questo passo. Aggiungiamo il corollario del disastro di aver visto vendere a “nummo uno” i rami bancari risanati e redditizi senza poter opzionarne o provarne l’acquisto, nella più totale immobilità della politica e del mondo dell’economia, con i conseguenti gravissimi problemi di concentrazione del mercato regionale e del rischio».
Roberto Brazzale dà atto all’avvocato Massimo Malvestio (secondo molti l’intelligenza più acuta della attuale generazione dei cinquantenni e dintorni) di avere fin dall’inizio denunciato dalle pagine dei più importanti quotidiani la “mala gestio” della Fondazione Cassamarca di Dino De Poli, prevedendone il devastante dissesto, nonché di avere offerto lucide analisi sui mali del sistema e di specifiche realtà. Ma ricevette soltanto l’apprezzamento di pochi affezionati estimatori, mai la dovuta attenzione e reazione delle élite e delle maggioranze, tanto meno degli organi di vigilanza. Quanto a De Poli, nessuno più di lui conosce i ristoranti e pochi in vita hanno mangiato più di lui come testimonia la sua stazza monumentale e un’aneddotica sterminata che gli attribuisce imprese che, se vere, troverebbero certo posto nel Guinness. Quando la Fondazione Cassamarca indice i concorsi sul Bollito Misto o sulla Sopa deTripe o sulle Formajele o sulla Luganega bianca o sui Risi all’Onda, il riconoscimento che ne viene al vincitore vale per prestigio i più noti premi internazionali tanta è la competenza ovunque riconosciuta in materia al Presidente della Fondazione.
Un ristoratore raccontò a Massimo Malvestio di avere ricevuto da Dino De Poli in persona l’ordine di arrostire un intero capretto e così in vista del pranzo imbastì una tavola per otto persone convinto che quello potesse essere il numero degli ospiti. Giunto al ristorante e vista la tavola imbandita per otto, De Poli indispettito chiese ragione di tutti quei coperti visto che – disse – “Xemo solo in do”. Il ristoratore che per un attimo aveva temuto che De Poli volesse divorare l’intero capretto da solo, rispose sollevato: “ah solo lu Presidente e l’ so’ autista!” non vedendo altri in giro De Poli furioso rispose di rimando:” Nooo! Mi e’l capreto’!”. Testuale in «MALA GESTIO: PERCHÉ I VENETI STANNO TORNANDO POVERI» di Massimo Malvestio – nordesteuropa editore Srl. Un libro che non si limita alle sole “gesta” del settore bancario.
Dare puntuale informazione di queste ed altre imprese non è servito a nulla. I Veneti, considerati la punta di diamante dell’indipendentismo, non hanno trovato di meglio che superare gli antichi frazionismi con la creazione dell’ennesimo partito, quello dei veneti appunto. Nel programma politico-elettorale che propongono per essere eletti alla Regione Veneto a primavera, dichiarano mirabiglie che non potranno essere mantenute. Ennesimo esempio di vacue promesse elettorali. Nel frattempo non hanno fatto un fiato sulla questione MES, malgrado autorevoli esperti abbiamo spiegato in modo semplice e chiaro (VEDI QUI) cosa esso realmente sia.
Abbiamo un disperato bisogno di Federalismo perché, come scrive Kenichi Omahe nel suo libro “Il prossimo scenario globale” (Ed. Etas): «La speranza insita nell’economia globale è legata al fatto che essa mette le regioni in condizioni di attrarre ricchezza dal resto del mondo piuttosto che rubarla ai vicini. Ciò impone che le regioni siano dotate di persone ben istruite e disciplinate, con un leader visionario in grado di comunicare con il resto del mondo».
Intanto va facendosi sempre più consistente un’opinione pubblica avversa alle grandi opere poiché dannose di per sé, insieme alla loro strategia di mettere gli uni contro gli altri. Tant’è che nel 1998 venne predisposto il primo sondaggio per la costruzione del Tav in Val di Susa. Ci furono una serie di piccoli attentati a delle centraline elettriche e furono arrestati tre ragazzi anarchici, Sole, Edo detto Baleno, e Silvano. Furono tutti accusati di devastazione e saccheggio. Baleno morì suicida in carcere e lo stesso accadde a Sole, poco dopo (VEDI QUI). Silvano resistette e solo in seguito emerse che, in realtà, nei piccoli attentati avevano avuto un ruolo i servizi segreti e che di fatto i due ragazzi «erano stati suicidati». Gli attentati erano stati fatti per spaventare le persone, allontanarle dalla lotta e farle tornare a casa. La macchina della diffamazione prese di mira gli anarchici, additati come il pericolo principale. La strategia del potere è sempre stata quella di far sentire l’opposizione debole e impotente. I tribunali si fanno braccio armato del sistema. I No-Tav sono puniti per quello che sono, non per quello che fanno, sono trattati come un nemico pubblico.
Al contrario il lavoro utile è quello per le piccole opere. Le grandi opere (nel programma del Partito dei Veneti se ne propone una) non vengono fatte per essere portate a termine, ma per prosciugare soldi pubblici, mentre si devastano territori. Il vero guadagno proviene dal non portarle mai a termine (MOSE docet). Questo è un “progresso” che va fermato. Quello che si deve imparare da queste vicende è che la delega non va mai data e che se si vive di delega, si muore di delega.
Ebbene al Partito dei Veneti cosa propongono affinché si votino i suoi candidati? «Lo sviluppo della “democrazia partecipativa” anche attraverso la revisione degli Statuti comunali e degli altri enti locali per consentire la convocazione dei referendum consultivi sulle principali scelte amministrative». Testuale a pagina 11. Che tale referendum “consultivo” sia già presente in quasi tutti gli Statuti predetti, e cosa che al Partito dei Veneti sembra sfuggire; che un “referendum consultivo” sia già stato espletato infruttuosamente nel 2017 per chiedere l’autonomia regionale, è cosa che in questo partito sembra non essere stata approfondita.
Come dicevamo s’impone la necessità di persone ben istruite e disciplinate, con un leader visionario in grado prefigurare un diverso assetto politico-istituzionale, e di comunicare con il resto del mondo. È una questione (VEDI QUI) sulla quale scrivemmo (hainoi! Inutilmente) circa 5 anni fa. Purtroppo finché ci sarà acquiescenza da parte politici emuli di Quisling, difficilmente questi politicanti alleati ai burosauri smetteranno di comportarsi come tali.