“Ieri si è raggiunto il record dei prezzi sul mercato immobiliare americano: i valori medi delle case risalgono fino a superare quello che era stato il massimo storico del 2006, ultimo anno di “bolla” pre-crisi. Questi dati, a cui si aggiunge una stagione eccezionale per i profitti aziendali, disegnano uno scenario: Trump erediterà da Obama un’economia florida, che di recente stava cominciando a diffondere i benefici della crescita in modo un po’ meno squilibrato. E magari sarà il neo-presidente ad attribuirsene il merito dall’anno prossimo”. Mastica ancora amaro Federico Rampini. Da ogni suo articolo dagli Stati Uniti per Repubblica traspare lo sgomento che ancora persiste per il folle gesto degli elettori americani, che hanno (a suo avviso) improvvidamente mandato Donald Trump alla Casa Bianca.
Ma è proprio vero che Trump erediterà da Obama una “economia florida”? E gli indicatori che Rampini utilizza per esprimere il suo giudizio non rivelano qualcos’altro?
A mio parere rivelano qualcos’altro, e precisamente gli effetti di anni di politiche monetarie fortemente espansive da parte della Federal Reserve. Di per sé, il fatto che i prezzi degli immobili abbiano superato il livello pre-crisi dovrebbe essere considerato allarmante, dato che a quei prezzi corrispondeva una bolla enorme e che oggi c’è molta più liquidità (creata dal nulla) rispetto ad allora. Liquidità che, evidentemente, ha spinto i prezzi (anche) degli immobili. Alla quale, però, corrispondono anche dei debiti. La composizione del debito è cambiata rispetto a prima della crisi (con un maggior peso nel pubblico), ma le dimensioni complessive sono aumentate.
Ciò spiega anche il boom dei profitti, molto spesso spinti da un costo del debito artificialmente basso e, soprattutto se si guarda ai profitti per azione, alla costante attività di buy-back operata da molte società quotate, che hanno usato il debito a basso costo per comprare azioni proprie e, così, aumentare l’utile per azione.
Un’economia può dirsi florida quando cresce senza le spinte del doping monetario e/o fiscale. Negli Stati Uniti durante gli anni di Obama per ogni dollaro di Pil ne sono stati fatti circa 4 di debito federale. E il bilancio della Fed è passato da 2.2 a quasi 4.5 trilioni di dollari. Non mi meraviglierei se prossimamente il dibattito vertesse non sull’attribuzione di meriti, bensì delle responsabilità di una nuova crisi.