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Usa, come evitare una nuova guerra civile? con la decentralizzazione

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di RYAN MCMAKEN

Sta diventando sempre più evidente che gli USA non saranno gli stessi di prima dopo che Donald Trump lascerà la carica, ed è facile immaginare che i partiti anti-Trump useranno il loro ritorno al potere come un’opportunità di regolare i conti con gli odiati campagnoli e “deplorevoli” che hanno osato tentare di opporsi alle loro elites di Washington DC, della California e di New York.

Questo conflitto in corso potrà manifestarsi nella guerra culturale attraverso ulteriori attacchi alle persone che prendono sul serio la loro fede religiosa, oltre che su quello che condividono una qualche opinione sociale che non è popolare fra i laureati dei maggiori centri urbani. Il Primo Emendamento sarà in pericolo come mai prima d’ora; sia la libertà religiosa che la libertà di pensiero saranno viste come un veicolo di “odio”. Certamente anche il Secondo Emendamento sarà appeso ad un filo.

Ma sarà ancora più pericoloso il ritorno del Deep State ad una posizione privilegiata dalla quasi totale assenza di opposizione da parte dei funzionari eletti nel governo civile. La CIA e l’FBI faranno di tutto per assicurarsi che gli elettori non possano pià eleggere chi non riceva l’endorsement esplicito della “comunità” dell’intelligence americana. Il Quarto Emendamento sarà abolito, così la NSA ed i suoi amici potranno spiare impunemente ogni americano. L’FBI e la CIA saranno più libere di combinare l’uso della sorveglianza ed le fughe di notizie per distruggere gli avversari. Chiunque dissenta dalla guerra del deep state, che siano contro gli Americani o gli stranieri, sarà denunciato come un collaborazionista di potenze straniere.

Questi scenari potrebbero sembrare eccessivamente radicali, ma la radicalità della situazione è chiara per il fatto che Trump, che è solo un oppositore molto moderato dello status quo, ha ricevuto un’opposizione così isterica. In fondo, Trump non ha smantellato il sistema di welfare. Non ha ridotto, né evitato di far crescere, il budget militare. Le sue battaglie con il Deep State si sono basate in gran parte su istanze politiche, e nemmeno su quelle più controverse. Per esempio Trump si è schierato con lo stato di sorveglianza in questioni come la persecuzione di Edward Snowden.

I suoi “peccati” consistono soltanto nella sua mancanza di entusiasmo per le attuali istanze del centro sinistra verso una politica per un’identità sempre più debole. Inoltre, cosa più importante, non è stato abbastanza propenso ad iniziare ulteriori guerre, espandere la NATO e spingere i Russi verso la Terza Guerra Mondiale.

Anche per questi scostamenti secondari, così ci viene detto, deve essere distrutto. Quindi, possiamo indovinare come sarà l’agenda una volta che Trump sarà fuori dai giochi. Sembra non essere né mite né moderata.

E quindi? In questa situazione metà della nazione, gran parte della quale coincide con la metà che si autodefinisce “Stati rossi d’America” (dal colore rosso del Partito Repubblicano), potrebbe considerarsi come conquistata, indebolita ed inascoltata. Questa è una ricetta per la guerra civile.

L’ESIGENZA DELLA SEPARAZIONE

Ma come possiamo agire ora per minimizzare i danni che questa polarizzazione probabilmente causerà? La risposta è nella maggiore decentralizzazione e nell’autonomia locale. Ma finché la maggioranza degli Americani sarà schiava della nozione autoritaria che gli USA sono “una nazione indivisibile” non ci sarà alcuna risposta ai problemi di una regione potente (o un partito) che esercita un potere incontrastato su una minoranza.

Molti conservatori affermano ingenuamente che la Costituzione e la “regola della legge” proteggerà le minoranze in questa situazione. Ma le loro teorie sono valide solo se le persone che fanno ed interpretano le leggi aderiscono ad un’ideologia che rispetta le autonomie locali e la libertà per le visioni del mondo diverse da quelle della classe dirigente. Questa ideologia è sempre più lontana dall’ideologia della maggioranza, per non parlare della maggior parte dei giudici e dei politici più potenti.

Quindi, per quelli che riescono a lasciarsi alle spalle la propaganda da alzabandiera della loro gioventù, è sempre più evidente che dovrà essere fatto qualcosa di diverso dal ripetere la solita manfrina da insegnamento civico alle scuole superiori sul leggere la Costituzione o eleggere “leaders forti”.

Come ho fatto notare in passato, la nozione di autonomia locale crescente attraverso la nullificazione e la secessione sta prendendo piede da tempo in Europa, in cui i referendum sul decentramento stanno crescendo con maggiore frequenza. E i conservatori stanno vedendo sempre di più le cose come stanno. Fra di loro il più acuto è stato Angelo Codevilla. Nel 2017 Codevilla, scrivendo per Claremont Review of Books, ha predisposto un progetto per l’opposizione locale al potere federale e ha affermato:

  • “Il Texas ha fatto una legge che, effettivamente, chiudeva gran parte delle cliniche per l’aborto. La Corte Suprema degli USA l’ha annullata. Cosa succederebbe se il Texas le chiudesse lo stesso? Verrebbe mandato l’esercito a puntare le pistole contro i rangers del Texas per costringerli ad aprirle? Cosa farebbe il governo federale se il North Dakota si dichiarasse un “santuario per i non nati” e vietasse l’aborto? Del resto, cosa sta facendo il governo federale in Colorado e in California, dove per motivi pratici le sue leggi sulla marijuana vengono ignorate? L’Utah si oppone alle regole dei monumenti nazionali creati per decreto dentro i suoi confini. Cosa succederebbe se lo stato ignorasse queste regole? Preghiere nelle scuole? Cosa potrebbero fare i burocrati di Washington se un qualche numero di stati decidesse che quello che dicono le corti federali su certi argomenti non va bene?
  • Ora che l’identità politica ha abbandonato la strategia della persuasione e si mescola con l’arte della guerra, gli uomini di stato dovrebbero cercare di far sì che la pace rimanga stabile attraverso la reciproca tolleranza verso le giurisdizioni che ignorino o violino le leggi federali, i regolamenti o le ordinanze giudiziarie federali. Gli stati Blu e Rossi (ndt, Blu = pro Partito Democratico, Rossi = pro Partito Repubblicano) la vedono diversamente su alcuni temi come la salute, l’istruzione, il welfare e la polizia. Non è un bene insistere che tutti debbano fare le cose nello stesso modo”.

E nel 2019 la necessità della separazione sta diventando più urgente. La settimana scorsa Codevilla ha proseguito sulla stessa linea:

  • “Dopo le elezioni del 2020 gli americani comuni dovranno affrontare la stessa questione spinosa del 2016: come assicureremo e forse ristabiliremo la nostra sempre minore libertà di vivere da Americani? E mentre potremmo desiderare l’aiuto di Trump, dobbiamo guardare a noi stessi e agli altri leader per comprendere come contrastare i molteplici assalti della classe dominante, ora e soprattutto nel lungo periodo.
  • L’implicazione logica è conservare quello che può essere conservato e fare ciò che deve essere fatto per quelli che vogliono conservarlo. Per quante energie possano servire per raggiungere questo, l’obiettivo deve essere la conservazione delle persone e dello stile di vita che si desidera conservare. Questo implica un qualche tipo di separazione. La strada più semplice ed indolore per tutte le parti è permettere che gli altri prendano la propria strada. La classe dirigente non ha avuto paura di usare i poteri dei governi locali che controlla per fare azioni che contrastavano la politica nazionale, rendendo effettivamente nulle le leggi nazionali. E la fanno franca.
  • Per esempio, l’Amministrazione Trump non ha mandato le truppe federali per far rispettare le leggi nazionali sulla marijuana in Colorado e California, né ha punito le persone ed i governi che hanno sfidato le leggi nazionali sull’immigrazione. Non ci sono motivi per cui gli stati, le contee e le località conservatrici non debbano anch’essi far valere le loro ragioni.
  • Nemmeno l’eventuale Presidente Alexandria Ocasio-Cortez ordinerebbe all’esercito di sparare per riaprire le cliniche per l’aborto in Missouri, North Dakota o qualunque altra città. Come afferma Francis Buckley in “Secessione Americana”: l’imminente fine degli USA, con una qualche tipologia di separazione, è inevitabile, e le opzioni a riguardo sono molte”.

Bisogna notare che la strategia di Codevilla non è caratterizzata da grandiosi immaginari di indipendenza, né da un desiderio di rivangare le presunte gloriose vittorie militari dei tempi passati. Gli errori dei Confederati a metà del XIX secolo furono questi.

È interessante che l’approccio più pragmatico di Codevilla condivide abbastanza cose in comune con la strategia raccomandata da Hans-Hermann Hoppe nel suo saggio “Quello che deve essere fatto”. L’idea è quella di affermare il controllo locale e rifiutare la collaborazione con i politici federali. Ma con moderazione. Hoppe scrive:

  • “E’ prudente evitare un confronto diretto con il governo centrale e non denunciare apertamente la sua autorità o addirittura rifiutarsi di riconoscerla.
  • Piuttosto, è consigliabile impegnarsi in una politica di resistenza passiva e non-cooperazione. Semplicemente, smetterla di aiutare il governo ad applicare ogni legge federale. Assumere il seguente atteggiamento: «queste sono le tue regole e le fai rispettare. Non posso ostacolarti, ma neanche ti aiuterò, poiché il mio unico obbligo è verso i miei elettori locali».
  • Se applicata con costanza, la non cooperazione, la non assistenza di qualunque tipo ad ogni livello, causa la netta diminuzione del potere del governo centrale, o addirittura la sua fine. E, alla luce dell’opinione pubblica in generale, sembra alquanto improbabile che il governo federale osi occupare un territorio i cui abitanti non hanno fatto nient’altro che cercare di farsi gli affari propri. Waco, un gruppo di giovani un po’ pazzi, è una cosa. Ma occupare o spazzare via un gruppo significativamente grande di cittadini normali e rispettabili è un’altra cosa, decisamente più difficile”.

Alcuni non saranno in grado di lasciarsi alle spalle la mentalità secondo cui gli USA debbano essere per sempre governati da una singola politica nazionale. Insisteranno a ripetere che ogni tentativo di decentramento di questo tipo provocherà necessariamente la violenza. Scrivendo a “The American Conservative”, Michael Vlahos, ad esempio, crede che la violenza non si può evitare. Ma persino egli ammette che è improbabile che la violenza prenda la forma dello spargimento massivo di sangue come negli anni intorno al 1860:

  • “Le nostre guerre civili del passato non erano vincolate a regole formali, eppure in qualche modo si svolgevano effettivamente secondo le aspettative. La società Americana di oggi ha norme ed aspettative molto diverse per un conflitto civile, ed esse sicuramente limiteranno il modo in cui combatteremo la prossima battaglia.
  • L’America di oggi non è più un campo di battaglia industriale (pensate a Gettysburg, D-Day). La nostra prossima guerra civile, come i media sociali ci ricordano in modo così eloquente, metterà in atto la sua violenza su un campo di battaglia ugualmente doloroso ma meno sanguinoso”.

Molti di quelli devoti alla supremazia federale perpetua sicuramente non ammetteranno neanche questa ovvietà.

Ogni tentativo di decentralizzazione, nullificazione o secessione è considerato non valido perché “questo è stato deciso dalla Guerra Civile”. Non c’è dubbio, certo, che la Guerra Civile ha risolto il problema per una o due generazioni. Tuttavia dire che una guerra “sistema le cose” per sempre è senza ombra di dubbio insensato.

È vero, comunque, che se l’idea degli Stati Uniti unificati dal punto di vista giuridico, culturale e politico è oggi vincente, gli Americani potrebbero andare incontro ad un futuro di sempre maggiore repressione politica, segnata da episodi sempre più comuni di spargimento di sangue. Questo è semplicemente il risultato logico di qualunque sistema in cui si assume che il partito che governa ha il diritto e il dovere di costringere un gruppo sottostare al volere di un altro gruppo. È questa la fine di un’America unificata.

QUI ARTICOLO ORIGINALETRADUZIONE DI DARIO ALROGHI

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