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Usa, il declino di un impero che fa troppe guerre

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obama g20di JAMES E. MILLER

Il mondo sembra proprio finito nel caos più assoluto. L’esercito israeliano ha invaso la striscia di Gaza dopo la rottura di un accordo di cessate il fuoco durato 18 mesi. Quale lato abbia rotto l’accordo è ancora una questione aperta. Un aereo di linea commerciale è stato abbattuto nello spazio aereo ucraino. I media occidentali ed i politici affermano che l’atto di violenza sia stato commesso dal presidente russo Vladimir Putin nel tentativo di conquistare la zona contigua. In Iran, il governo sta pensando seriamente di costruire armi nucleari, con grande costernazione dei pensatori globalisti. Lì accanto, nel parco giochi del Diavolo in Iraq, gli islamisti radicali stanno causando enormi disastri, compresa la distruzione di chiese storiche dei tempi apostolici.

Tutto questo sconquasso è colpa del prestigio americano in calo, secondo Robert Fulford. Nel suo ultimo articolo per il National Post, Fulford lamenta l’indifferenza del presidente Barack Obama mentre la violenza esplode nella parte più pericolosa del pianeta. Scrive che gran parte del mondo non vede più Washington come una minaccia. Sotto la presidenza Obama: “La politica degli Stati Uniti è diventata irregolare e timida, soggetta a modifiche arbitrarie senza preavviso.” Fulford porta l’esempio della mancanza di una risposta forte nella guerra civile siriana, tanto per evidenziare l’allontanamento dell’America dalle luci della ribalta. Se gli Stati Uniti non riprederanno presto la loro leadership sulla scena mondiale, il “futuro sarà sempre più terribile.”

Fulford è ben lungi dall’essere solo nella sua ricerca di colpe da assegnare. Giornalisti provenienti da entrambi gli schieramenti politici hanno criticato il Presidente. L’arci-neoconservatore Charles Krauthammer ha definito “passivi e disinteressati” i commenti di Obama sull’aereo abbattuto della Malaysia Airlines. James Kirchick – il guerrafondaio di sinistra che trae grande piacere dalla potenza americana dispiegata all’estero – ha affermato perentoriamente come sia finalmente giunto il momento che “l’Occidente affronti a muso duro Putin”, con gli Stati Uniti che dovrebbero appoggiare i militari ucraini.

Tutti questi critici suppongono che l’America sia in grado di premere un interruttore e riorganizzare gli affari del mondo per soddisfare i propri standard. Non riescono a comprendere come l’impero degli Stati Uniti si stia in realtà sfaldando. Gli anni ’50 sono passati da un bel pezzo. Il massimale del bilancio di Washington si avvicina ogni giorno che passa. Il debito nazionale è di $17 bilioni; un numero insondabile che è impossibile da mantenere in perpetuo. L’economia domestica è ancora lenta e non si è mai ripresa dal crollo del mercato nel 2008. Il tempo del predominio americano potrebbe presto volgere al termine. E la verità deve ancora aprire gli occhi a quelle persone amanti degli imperi.

Le teste di legno che opinano nei talk show della domenica mattina, sono ancora bloccate ai tempi della guerra fredda. Si rifiutano di affrontare la verità sulla politica estera:

  1. ci sono troppe tonalità di grigio affinché il bene ed il male siano nettamente evidenti;
  2. la verità e la finzione spesso coincidono a seconda delle idee preconcette degli individui.

I cosiddetti esperti dimenticano il consiglio del realista Walter Lippmann che ha fatto notare come la politica estera razionale “consista nel portare in equilibrio gli impegni di una nazione e la sua potenza.”

Ancora più importante, i media non sembrano rendersi conto che i conflitti di oggi non sono il risultato di fazioni in guerra. I dissapori in Iran, Ucraina, Israele, Palestina, Russia ed in ogni altro paese sotto l’influenza del potere occidentale, non hanno avuto origine dal nulla. L’incessante ingerenza degli stati, in particolare di Washington, ha fomentato gli scontri che vediamo oggi. Molti sono il risultato diretto, o indiretto, della pianificazione globale la quale ha scarsa conoscenza delle possibili conseguenze indesiderate. Qualora l’amministrazione Obama ascoltasse le lamentele degli interventisti, il risultato potrebbe essere più morte, più violenza, e meno pace.

Gli scontri attuali hanno il marchio dell’ingerenza del governo degli Stati Uniti. In Ucraina, il conflitto tra nazionalisti e separatisti è una conseguenza del rovesciamento del presidente Viktor Yanukovich. Il colpo di stato è stato sostenuto surrettiziamente da Washington e dal suo gruppo di marionette nelle organizzazioni non governative. L’annessione della Crimea e le violenze in corso in quell’area, si possono far risalire al pungolamento della Russia da parte dell’Occidente.

In Iraq ritroviamo la solita calamità. L’ex-dittatore Saddam Hussein non era un angelo, ma sotto il suo dominio gli elementi islamici radicali venivano tenuti a bada. Il suo rovesciamento da parte delle forze americane ha lasciato il “luogo di nascita della civiltà” tutt’altro che civile. Il paese, che è stato formato arbitrariamente dalle potenze coloniali europee a seguito della prima guerra mondiale, sta barcollando lentamente verso una triplice divisione lungo linee etniche e religiose. I terroristi la cui lealtà va allo Stato Islamico d’Iraq ed alla Siria, stanno scatenando il caos in tutto il paese; un effetto che ricade su nazioni assediate come la Libia. Quest’ultimo campo di battaglia è, ovviamente, il risultato di un intervento occidentale finanziato principalmente dal governo degli Stati Uniti.

L’esperimento in cui l’America riprendeva le manovre dove le aveva lasciate l’Impero Britannico, sembra che stia finalmente volgendo al termine. Non è mai stato progettato per funzionare sempiternamente. Le contraddizioni dell’interventismo non stanno portando tranquillità, o addirittura supremazia, ma hanno permesso all’arroganza di regnare sovrana. L’influenza sugli altri paesi si sta allentando a causa dello scompiglio che è stato creato. L’ironia di questa nuova realtà è che il risultato era facile da prevedere. L’arroganza di essere in possesso di un’intelligenza superiore è da sempre un fallimento umano. Non è mai stato possibile che una cricca di attori politici potesse guidare gli affari del mondo senza problemi. Come ha scritto Friedrich Hayek: “[Nessuna] mente umana può comprendere tutta la conoscenza che guida le azioni della società.”

Se dovessi avanzare una congettura per spiegare ciò che spinge il desiderio di predominio in tutto il mondo, direi che è l’ideologia. Ognuno ha la sua, ma il fervore con cui gli interventisti opinano è la più deleteria di tutte le ideologie. Essi non bramano solo il controllo, ma cercano una completa trasformazione degli altri popoli e delle loro culture in modo che si venga a creare un comportamento uniforme tra la popolazione del mondo. Gran parte della loro propaganda si basa sul pretesto dei diritti umani. Con tutti che si inchinano scondinzolanti davanti alle stesse bugie della celebrazione democratica, la libertà viene sgretolata.

Da Alessandro Magno al dominio britannico, la storia, se è maestra di vita, ci insegna che nessun gruppo di uomini è in grado di conquistare il mondo. E’ semplicemente troppo grande, troppo vasto e troppo complesso. L’umanità è troppo irrequieta per sedersi e prendere ordini da dittatori. Analogamente, l’esito dell’interventismo non è senza conseguenze. Spesso ha effetti che non possono essere conosciuti in anticipo, e si rivelano di vasta portata. Coloro che criticano il declino del potere americano sulla scena globale, devono ancora imparare queste lezioni importanti.

La mentalità che desidera vedere il proprio paese con una presa ferrea sugli affari del mondo, è terribilmente ingenua. Gli imperi non sono liberi. La carta di credito di Washington non può essere ricaricata all’infinito. La necessità di prudenza è sempre più necessaria di giorno in giorno. Per il bene degli americani medi, e dei cittadini pacifici in tutto il mondo, speriamo che arrivi più prima che poi.

[*] Traduzione di Francesco Simoncelli – da http://johnnycloaca.blogspot.it/

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