“La Bce potrebbe annunciare domani che, d’ora in poi, intraprenderà un programma di conversione del debito per qualsiasi Stato che lo desideri. La Bce liquiderà (invece di acquistare) una porzione di ciascun titolo di Stato in scadenza corrispondente alla percentuale di debito pubblico dello Stato consentita da Maastricht. In caso di Stati con rapporti debito/Pil pari al 120% e al 90%, la Bce liquiderà il 50% e il 66,7% di ciascun titolo di Stato in scadenza”. Yanis Varoufakis, già ministro delle Finanze greco defenestrato da Tsipras all’indomani del referendum del 5 luglio scorso, è tra i tanti a sostenere di avere una ricetta per risolvere il problema dei debiti sovrani. Come quasi sempre accade quando viene presentata una di queste proposte, chi la elabora ritiene che sia esente da rischi e da costi. E questo dovrebbe subito generare sospetti, perché quando si vuole smaltire un eccesso di debito qualcuno il conto lo deve in ogni caso pagare.
Ovviamente la prima cosa da verificare è come farebbe la Bce a liquidare i debiti degli Stati. Varoufakis non propone una monetizzazione diretta, ma qualcosa che confonda un po’ le acque. “Per finanziare i rimborsi, la Bce emetterà bond a proprio nome, garantiti dalla Bce, ma ripagati, in toto, dallo Stato. Al momento dell’emissione di un tale titolo Bce, la stessa Bce aprirebbe un conto di debito per lo Stato per conto del quale aveva emesso il bond. Lo Stato sarebbe obbligato a versare depositi in quel conto per coprire cedole e mantello dei titoli Bce. La passività dello Stato verso la Bce godrebbe dello status di super-seniority e sarebbe garantito dal Meccanismo di Stabilità europeo contro il rischio di default.”
In sostanza, invece di emettere passività a vista come è solita fare (quando crea euro dal nulla), la Bce emetterebbe passività a scadenza, ovviamente a bassi tassi di interesse. Con quelle risorse liquiderebbe i debiti fino al 60% del Pil dei vari Stati in occasione della scadenza dei singoli titoli. Al tempo stesso accenderebbe un conto di debito dove i singoli Stati dovrebbero versare il denaro necessario a far fronte a interessi e capitale dei titoli emessi dalla Bce. Fin qui si tratterebbe semplicemente di sostituire titoli emessi dai vari Stati con titoli emessi dalla Bce, spostando il rischio di credito dai possessori dei titoli di Stato ai contribuenti dei Paesi dell’eurozona, in proporzione alle quote di partecipazione dei singoli Stati alla Bce.
Varoufakis, però, prevederebbe una garanzia da parte dell’Esm (il Meccanismo Europeo di Stabilità, meglio noto come fondo salva stati) a favore della Bce. Questo non cambierebbe molto la sostanza, dato che il rischio sarebbe spostato dalla Bce all’Esm, il cui capitale è stato costituito sempre con le stesse proporzioni dai singoli Stati dell’eurozona. Si tornerebbe sempre al rischio ultimo in capo ai contribuenti in proporzione alle quote di partecipazione dei singoli Stati al capitale dell’Esm.
Secondo Varoufakis, invece, il programma da lui proposto offrirebbe cinque benefici.
1) “diversamente dal Qe, non implicherebbe alcuna monetizzazione del debito e non rischierebbe di gonfiare bolle.”
In realtà la monetizzazione sarebbe solo indiretta. Infatti i titoli emessi dalla Bce sarebbero con ogni probabilità accettati dalla stessa Bce come collaterale per operazioni di rifinanziamento alle banche, dando così luogo a una monetizzazione indiretta. Se così non fosse, molto probabilmente i tassi di interesse su quei titoli non sarebbero tanto bassi quanto ipotizzato da Varoufakis.
2) “il piano causerebbe una riduzione dei pagamenti degli interessi aggregati dell’Eurozona. La parte del debito sovrano conforme a Maastricht degli Stati verrebbe ristrutturata con scadenze prolungate (pari alla scadenza dei titoli Bce) e a tassi di interesse ultra-bassi che solo la Bce è in grado di usare nei mercati di capitale.”
Questo dando per scontato che la monetizzazione avvenisse in modo indiretto. In linea di massima, comunque, alcuni Stati beneficerebbero di una riduzione del costo del debito, mentre altri subirebbero un aumento del costo (a priori non quantificabile). D’altra parte, saremmo sempre di fronte alla media ponderata degli attuali meriti di credito.
3) “i tassi di interesse a lungo termine della Germania non verrebbero intaccati, perché la Germania non garantirebbe lo schema di conversione del debito né sosterrebbe le emissioni di titoli della Bce.”
Come dimostrato nei punti precedenti, in realtà il rischio ultimo sarebbe in capo ai contribuenti dei singoli Stati in proporzione alla loro partecipazione all’Esm. Quindi la Germania sopporterebbe la quota di rischio maggiore. La logica non depone a favore della tesi di Varoufakis.
4) “lo spirito della regola di Maastricht sul debito pubblico ne uscirebbe rinforzato e l’azzardo morale ridotto. Dopo tutto, il programma incentiverebbe lo spread dei tassi di interesse tra il debito conforme a Maastricht e il debito che resta nelle mani degli Stati (che in passato non si poteva accumulare).”
Ogni volta che si mutualizzano dei rischi, l’incentivo per qualcuno all’azzardo morale esiste. Varoufakis non può dimostrare la propria affermazione, e in effetti neppure prova di farlo.
5) “i titoli indicizzati al Pil e altri strumenti potrebbero essere applicati solo al debito degli Stati non coperto dal piano e in linea con le best practices internazionali per la gestione del debito sovrano.”
Questa è una possibilità tecnica, ma non vedo perché considerarlo di per sé un beneficio del progetto proposto. In definitiva, non esistono ricette miracolose, in cui il debito cala e nessuno paga il conto. E’ sempre stato così, e sarà sempre così, per quanto si cerchino soluzioni fantasiose. La finanza trasferisce risorse reali nel tempo e nello spazio, ma non ne crea dal nulla.
Bravo Corsini: “non esistono ricette miracolose” e … “nessuna cena è gratis” (come è solito scrivere Gary North). I debiti, come l’energia, sono soggetti pure loro al primo principio della termodinamica: una volta creati non si distruggono, ma si trasformano.
E’ la legge della “conservazione del debito”.
I manigoldi sedicenti economisti keynesiani fanno il gioco delle tre carte sulla pelle dei cittadini onesti (e sempliciotti) illudendoli che, con un giro di manipolazioni, la carta da scovare sparisce, come il debito. Meno male che c’è la Scuola Austrica che ci apre gli occhi su questi sotterfugi da quattro soldi, tipici degli imbonitori da fiera. Purtroppo non è seguita abbastanza, ed è per questo che ci troviamo un questo “stato”. (In senso lato…)
Rimesta alla grande nella merda, il varoufakis.