Ufficialmente, i seggi avrebbero dovuto chiudere alle 18, ma il Consiglio Nazionale Elettorale ha detto che l’orario poteva essere prolungato. Così, le frizioni sono iniziate ancor prima che le urne chiudessero, anche se l’opposizione dava il risultato per scontato, considerato che avevano presidiato tutti i tavoli di votazione in tutto il paese.
Così è stato! La coalizione dell’opposizione unita, Mud, viaggia oltre il 60% dei consensi e ottiene 113 seggi, contro i 54 del PSUV, il partito di Nicolas Maduro, che assapora la sconfitta dopo 3 lustri in maggioranza. Altre fonti danno solo 99 seggi all’opposizione, 22 ancora da assegnare e il resto al partito di governo. Il presidente riconosce la sconfitta: “Ha vinto la democrazia”.
Non siamo lontani da uno degli Exit Poll comparsi ieri:
EXIT POLLS – EL BOLETIN # 3 1:00 p.m.
Participacion 37.22%
Mud 76.88%
Psuv 23.12%
OPOSICION 5,580,948
CHAVISMO 1,678,481
TOTAL CHE HAN VOTADO 7,259,427
OPOSICION (MUD): 115 Diputados – CHAVISMO (PSUV): 52 Diputados.
All’insegna del motto “Yo quiero un cambio” (Io voglio cambiare), il Venezuela pare abbia davvero svoltato. La miseria, le code per trovare cibo, l’inflazione a 3 cifre, l’insicurezza hanno superato i limiti di sopportazione dei venezuelani e, come da sempre nella storia, anche il socialismo del Terzo Millennio ha fallito!
Le elezioni di ieri hanno dunque eletto un nuovo Congresso (l’Assemblea parlamentare), che sino ad oggi è stato monopolizzato dalla maggioranza chavista. Ma da oggi, le cose potrebbero cambiare, anche se è presto per gli oppositori per cantare del tutto vittoria. Le prossime ore saranno determinanti per comprendere se per davvero l’attuale governo ha accettato la batosta.
“Il nuovo Parlamento si insedia all’inizio di gennaio ma è abbastanza probabile che nei prossimi giorni si apra una resa dei conti all’interno del partito fondato da Hugo Chávez, l’ex presidente morto nel marzo del 2013. D’altra parte Chávez non aveva mai perso una elezione (a parte un referendum di riforma costituzionale nel 2007), costruendo in 14 anni di potere un sistema che aveva a poco a poco occupato tutto quel che c’era in Venezuela. Dalla holding del petrolio, Pdvsa, trasformato in una sorta di bancomat per le iniziative del partito al potere, fino a tutti i giornali, le tv, nazionalizzando centinaia di fabbriche e altre attività industriali. Era il “socialismo del XXI secolo” che ha avuto tanti entusiasti sostenitori a sinistra soprattutto in Italia, Spagna (Podemos) e Grecia (il primo Tsipras). Che all’inizio del secolo ha regalato a Fidel Castro ancora qualche anno di egemonia a Cuba rifornita ogni giorno con 90mila barili di petrolio a prezzo politico. Che ha esteso la sua influenza in tutto il continente sudamericano, dall’Argentina al Brasile, dall’Ecuador alla Bolivia, al Nicaragua. Appena morto Chávez il modello s’è inceppato e in pochi mesi i suoi opachi epigoni hanno dissipato l’eredità. Maduro paga la crisi economica ma soprattutto la sua incapacità a governarla, il suo assoluto immobilismo mentre esplodevano carestia e inflazione”. Così scrive Repubblica.
Intanto, vanno ricordati i 76 prigionieri politici del regime (che ieri non hanno potuto votare), tra i quali spicca quel Leopoldo Lopez, già sindaco a Caracas, e le decine di studenti ancora al gabbio per le proteste dello scorso anno.
Per le strade, da ieri sera hanno fatto la loro comparsa i teppisti a libro paga del governo, i famigerati “motorizados”. In campagna elettorale ci sono stati oltre 30 delitti, con esponenti dell’opposizione uccisi a rivoltellate. L’antichavismo sta, giustamente, cantando vittoria in queste ore. Ma le bocce si devono ancora fermare e da uno come Maduro c’è da aspettarsi di tutto.
Un’ultima annotazione: se davvero i seggi saranno più di 112, l’opposizione ha la possibilità di indire un referendum per chiedere la decadenza di Maduro. Ecco perché, nonostante il voto sia elettronico (e quindi i dati si conoscano in tempo reale), c’è chi continua a temporeggiare.
Con maduro si potrebbe fare dell’ottimo macinato per maiali.