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Violare la proprietà altrui non è mai a fin di bene

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di GIOVANNI BIRINDELLI

Le leggi dell’economia dimostrano che a regime, in assenza di Stato, cioè in presenza di libero scambio (a partire dal quello nel settore del denaro), la prosperità sarebbe tale che le persone che non hanno nulla da scambiare sarebbero poche eccezioni, e sempre meno nel tempo.

Inoltre, l’assistenza di Stato consente alla persona di deresponsabilizzarsi anche in relazione alla solidarietà: se qualcuno a me vicino sta male, dato che a lui ci pensa lo stato, io possono permettermi di venire meno al mio dovere (non etico ma umano) di aiutarlo.

La solidarietà è tale solo se è volontaria. La generosità col denaro degli altri (la cosiddetta “solidarietà sociale”) non è solidarietà ma il suo opposto: quello che uccide la solidarietà e la cultura stessa della solidarietà. Nelle parole di Milton Friedman “il periodo d’oro del laissez-faire, la metà e la fine del diciannovesimo secolo in Gran Bretagna e negli Stati Uniti, vide una straordinaria proliferazione di organizzazioni e istituzioni caritatevoli private. Uno dei principali costi dell’espansione delle attività assistenziali governative è stato il corrispondente declino delle attività caritatevoli private”.

Premesso questo, nei limiti in cui si è a favore del principio di uguaglianza davanti alla legge, non si può coerentemente essere a favore del suo contrario: e cioè che una particolare organizzazione, a differenza di chiunque altro, abbia il diritto di rubare (sottrarre con la forza) denaro ad altri a fin di bene.

Infine, nei limiti in cui si fosse contrari alla schiavitù indipendentemente dal suo utilizzo a fin di bene, non si può coerentemente essere a favore dell’imposizione fiscale (o di altra violazione del principio di uguaglianza davanti alla legge) a fin di bene.

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