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Vogliono realizzare il socialismo monetario globale

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World Bank and International Monetary Fund annual meeting in Istanbuldi MATTEO CORSINI

“Una moneta globale servirebbe a garantire una stabilità generale, con un meccanismo automatico adatto a combattere gli sbilanci dei singoli Paesi, nonché ad assicurare l’esistenza di un prestatore di ultima istanza, che possa creare politiche anticicliche e stabilizzare la crescita del Prodotto Lordo Globale. Non sarebbe questo, tra l’altro, uno strumento fondamentale per realizzare quello in cui Bretton Woods ha fallito, cioè politiche finanziarie ed economiche globali che eliminino le pesanti diseguaglianze finora create e garantire una vera pace?”. Non si può certo negare a Guido Rossi una certa coerenza: a suo parere ogni problema andrebbe risolto a livello globale. Quindi, tra le tante cose che dovrebbero caratterizzare una governance globale, ci sarebbe anche una moneta.

In questo caso Rossi non fa altro che rilanciare l’idea che Keynes propose alla conferenza di Bretton Woods nel 1944. Idea che non passò anche perché gli Stati Uniti avevano tutto l’interesse a far sì che il ruolo di moneta globale fosse svolto dal dollaro.

A mio parere il problema principale in tutti questi progetti globalisti consiste nel fatto di ritenere che se l’interventismo ha fallito a livello locale/nazionale, la soluzione sia un interventismo su base planetaria. Si tratta di una posizione priva di logica, perché se non esistono persone onniscienti a livello locale, non possono di certo essercene su scala globale.

L’unico esito certo sarebbe un inferno socialista di proporzioni ben più ampie di quelli attualmente sparsi nel mondo.

Nel caso della moneta, poi, sarebbe bene riconoscere che questo mezzo di scambio non è stato introdotto per volontà di un sovrano nella notte dei tempi, bensì si è sviluppato come ordine spontaneo (e tende a svilupparsi come ordine spontaneo in ogni contesto nel quale non vi sia una moneta).

stampa dollariE’ certamente possibile che in un sistema di monete in concorrenza e non gestite da Stati si giungerebbe ad averne una utilizzata in modo prevalente a livello globale. In fin dei conti i metalli preziosi sono stati una sorta di moneta globale per secoli, ancorché a livello locale assumessero denominazioni differenti.

Ben diverso, però, sarebbe avere una unica moneta fiat a livello globale, gestita da una banca centrale mondiale, che keynesianamente “possa creare politiche anticicliche e stabilizzare la crescita del Prodotto Lordo Globale”. In sostanza si tratterebbe di avere uno strumento di redistribuzione su scala globale, che secondo Rossi agirebbe “con un meccanismo automatico”.

Ora, non si capisce come mai se questo automatismo può realmente funzionare e risolvere i problemi del ciclo economico, non li abbia sin qui risolti a livello locale (per esempio in Italia, ma anche altrove). Per questo non può essere giustificata altrimenti, se non con il desiderio di fare l’ennesimo esperimento socialista, la ben nota invocazione da parte degli “europeisti senza se e senza ma” di fare dell’area euro un’unione fiscale oltre che monetaria. Passaggio a loro parere indispensabile per porre rimedio alle asimmetrie di una politica monetaria unica affiancata a una politica fiscale diversa per ogni Paese aderente.

Ciò porterebbe a trasferimenti da un Paese all’altro al pari di quello che già oggi avviene a tra regioni di un singolo Paese. Una redistribuzione continua (e probabilmente a senso unico) del tutto involontaria che può certamente piacere ai socialisti (nel caso dell’area euro, soprattutto ai socialisti dei Paesi periferici), ma che toglierebbe ancora più spazio al libero mercato, oltre a rivelarsi con ogni probabilità insostenibile tanto a livello economico quanto a livello politico.

Peggio ancora mi sembra, quindi, l’idea di poter “garantire una stabilità generale” mediante un esperimento di governo globale della moneta (e dell’intera economia).

Se Bretton Woods ha fallito, non è stato per una carenza di global-socialismo.

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