La recente ripresa della volatilità sui mercati finanziari internazionali ha risvegliato dal torpore quanti andavano sostenendo che la combinazione di stimoli fiscali e, soprattutto, monetari aveva generato una situazione quasi idilliaca.
Spiace osservare che anche coloro che ritengono che la politica monetaria abbia drogato le quotazioni di molte attività finanziarie (e non solo), non attribuiscano poi alle banche centrali la responsabilità principale di quanto sta accadendo e di quanto di (molto) peggio potrebbe accadere prossimamente.
Scrive, per esempio, Morya Longo sul Sole 24Ore: “Le grandi iniezioni di liquidità degli ultimi anni hanno così alterato e “drogato” i mercati finanziari, che ora si trovano paradossalmente ad aver paura di un’espansione economica più accentuata del previsto. La crescita degli ultimi anni ha prodotto troppe diseguaglianze sociali e pochi aumenti salariali: se dovessero crescere gli stipendi, sarebbe dunque un’ottima notizia per tutti. In teoria anche per i mercati: redditi più elevati significano infatti più consumi e più fatturato per le aziende. Ma nel mondo alla rovescia di oggi, inondato di liquidità, sui mercati si preferisce la stagnazione salariale che la vera crescita economica. La giornata di ieri ha dato un nuovo elemento per riflettere sugli eccessi, le storture e le deviazioni di mercati finanziari che dovrebbero sostenere l’economia. Non temere la sua crescita”.
Quando le quotazioni sono spinte al rialzo dall’abbondanza di liquidità creata dal nulla delle banche centrali, non ci si deve stupire se, dopo anni di stimoli enormi, la prospettiva di un’inversione di marcia porti con sé il rischio di una implosione del castello di carte. Ma “le storture e le deviazioni di mercati” dovrebbero essere attribuite non già a operatori malvagi che non si curano di “sostenere l’economia”, bensì a chi ha immesso nel sistema tutta la liquidità che ha gonfiato i prezzi e falsato il calcolo economico.
Per quanto ciò sia politicamente scorretto da affermare.