Nonostante siano ormai da oltre due mesi al centro permanente dell’attenzione e, quindi, le loro esternazioni siano costantemente riprese e rilanciate da tutti i mezzi di informazione, faccio ancora fatica ad abituarmi all’idea che ogni volta che cambia la maggioranza di governo devo attendermi un peggioramento. Non c’è nulla di scientifico in questo, ma si tratta di un’euristica ahimè piuttosto efficace.
Prendete Laura Castelli, considerata una “esperta” di questioni economiche all’interno del M5S e convinta evidentemente di esserlo, tanto che mi capitò di assistere a una puntata di un talk show ben prima delle elezioni durante la quale questa giovane deputata spiegava a un attonito Carlo Cottarelli che lei, in quanto esperta, era certa di poter finanziare senza problemi il reddito di cittadinanza. Per inciso, l’idea (copyright del probabile ministro Andrea Roventini) era quella che, aumentando gli iscritti alle liste di collocamento, ci sarebbe stato un aumento dell’output gap, quindi sarebbe stato consentito all’Italia di fare più deficit, col quale finanziare il reddito di cittadinanza.
Il tempo passa e Castelli continua a sfornare perle dello stesso genere, cosa che, peraltro, non mi stupisce affatto. Per esempio, dove trovare i soldi per finanziare tutta la spesa messa in preventivo (e neppure adeguatamente stimata?): “La Banca dovrebbe partire con una dotazione iniziale di 10 miliardi. Parliamo di investimenti ad alto moltiplicatore: tre euro per ogni euro investito. Il reddito di cittadinanza vale 17 miliardi e gran parte andrà al Sud per reinserire soprattutto i giovani. Altri cinque miliardi saranno stanziati per le politiche familiari. E al Sud la misura sarà rilevante”.
Si tratta della famosa (o famigerata) Banca degli investimenti, che dovrebbe render possibile una moltiplicazione dei pani e dei pesci tale da indurre a vergognarsi perfino il keynesiano più spudorato. Quanto agli investimenti miracolosi, sarebbero “altamente produttivi e in settori che sono molto vicini alle necessità del Meridione. Le bonifiche necessarie per le riconversioni industriali, penso a Ilva ma anche alla Terra dei Fuochi; la rete elettrica, anche nei trasporti; infrastrutture strategiche: rete portuali, retroporti e reti ferroviarie”.
Se chiudo gli occhi, vedo il debito pubblico lievitare, e anche le tasse future. E non è un bel vedere. L’intervistatore chiede a Castelli come mai nell’ultima versione del contratto di governo sia scomparsa la copertura di 17 miliardi prevista per il reddito di cittadinanza. Ecco la risposta: “Abbiamo preferito non indicare una cifra perché la misura potrebbe costare meno: siamo convinti che una volta che entreremo nei ministeri troveremo molte più risorse”.
Come no: arrivano loro ai ministeri e trovano tesoretti nascosti nei cassetti, che i parsimoniosi ministri precedenti avevano accumulato. Ci sarebbe da ridere se non fosse la dimostrazione di un disarmante dilettantismo.
E se le tre proposte di lavoro in due anni non arrivano, che si fa del reddito di cittadinanza? “La sfida è proprio questa: un governo che crea posti di lavoro con investimenti e che dimostra che il reddito di cittadinanza è strumento a corollario di una ripresa economica e di una visione lungimirante di riconversione di alcuni settori industriali. Bisogna capovolgere l’ordine dei fattori: non più partire dalla nomenklatura del Sud. Ed è chiaro che di bonifiche, porti e treni ne ha bisogno soprattutto il Sud”. E’ tutto chiaro. Qui mancano perfino le basi dell’aritmetica, dato che all’esperta pentastellata sfugge che, per la proprietà commutativa, cambiando l’ordine dei fattori il prodotto non cambia.
Vorrei che fosse solo un brutto sogno…
Pena. Pena piena. Anzi pietà. Da Edoardo Sanguineti, mio maestro nell’ateneo genovese, dal 1982 al 1987.
Improntitudine distillata.